Counseling Organizzativo: Persone e competizione

Le forti pressioni competitive, generate da scenari di enorme incertezza e straordinaria rapidità, fanno sì che l’ambiente di lavoro sia particolarmente predisposto a generare problematicità nelle persone e nelle loro relazioni con i colleghi ed i capi. Quattro macro-fattori distinguono questi anni: l’ipercompetizione, l’innovazione tecnologica, la globalizzazione e le turbolenze politico-sociali di diversi Paesi.

In questo panorama, le aziende sono obbligate ad avviare processi di riorganizzazione, di ristrutturazione e di ripensamento del proprio modello di business. E’ proprio sulle persone, operai o impiegati, top manager o venditori, che ricadono gli effetti dello scenario descritto, non sulle aziende. Si devono fare più cose, più in fretta e con meno certezze, per questo le persone non sempre riescono a fronte alle pressioni competitive, oppure pagano prezzi notevoli, per se stesse e per l’azienda. Come può una persona stanca, stressata e in ansia, anche se non al massimo livello possibile di queste condizioni, essere vigile, motivata, entusiasta del suo lavoro? Alla lunga le situazioni degenerano in comportamenti aggressivi o d’arrendevolezza, a più livelli.
(da Rivista e Conoscenza, editoriali dei numeri 10-11-12 del 2005).

Il Direttore di questa rivista sottolinea con forza questi aspetti:” Mi guardo intorno e vedo persone che stanno male…che vedono frustrato l’impegno, l’interesse, la dedizione….” E ancora, “La sfiducia, la rassegnazione, la convinzione che stavolta non ce la faremo si diffondono; il clima è pesante…cresce la tendenza a cercare giustificazioni esterne”, “Lavoriamo senza piacere…siamo vittime del nostro ruolo, spesso troppo lontani dalla nostra individualità, dalla persona che vorremmo essere…”

Lavorare perché le persone possano stare meglio al lavoro è utile per aumentare la competitività delle imprese. Partiamo da un assunto: un’azienda che non ha un buon profilo competitivo non potrà in alcun modo avere una prospettiva di sviluppo. Lo dimostrano diversi studi e metodologie (ad esempio P.I.M.S, Profit Impact of Market Strategy) e il Modello E.F.Q.M. (European Foundation for Qualità Management, organizzazione europea no profit, fondata nel 1988, che gestisce l’European Qualità Award), evidenzia che un’azienda di qualità ha leadership, gestione e soddisfazione del personale molto elevate. Anche le normative di riferimento per la certificazione dei sistemi di qualità aziendale hanno ulteriormente valorizzato l’importanza della gestione e dello sviluppo delle risorse umane. È dimostrato che le persone rappresentano la risorsa centrale per la sostenibilità e la crescita di un’azienda, soprattutto in un tessuto produttivo che non può competere sul basso costo del lavoro; la loro motivazione e competenza e la loro intelligenza anche emotiva sono discriminanti per il successo del business.

Quando lavoriamo, che lo decidiamo o meno, ci siamo con tutti noi stessi, con le nostre capacità, energia, dinamismo, ed anche con i nostri blocchi e paure. In azienda occorre sapere accogliere e gestire le emozioni, non reprimerle. È normale che, sottoposti a pressioni forti, ci si arrabbi, si provino dolore e tristezza, paura e ansia. Invece, la tendenza diffusa è quella di non esprimere queste attenzioni e di tenersele dentro. Ci viene da dire che nemmeno la gioia ha molto spazio in azienda, se qualcuno è felice spesso la prima reazione è d’insofferenza perché si pensa che stia distraendosi e forse perdendo tempo. La centralità della competenza, complessivamente intesa come conoscenze (sapere), capacità (saper fare) e comportamenti (saper essere), fa sì che le aziende debbano trasformarsi in vere e proprie organizzazioni che apprendono la cosiddetta “learning organization”. Devono creare un clima favorevole allo scambio delle competenze implicite, non codificate nei manuali, ma che esistono nella testa degli individui, che nascono dall’esperienza lavorativa, che si collegano alla capacità di comprensione dei contesti d’azione, delle intuizioni e delle sensazioni. Queste fanno la vera differenza tra un’azienda che partecipa e un’azienda che vince, nel gioco dell’attuale competizione.

La differenziazione si gioca su elementi molto sottili, sulla capacità di anticipare le esigenze del mercato e sulla sintonia con i clienti per coglierne soprattutto i bisogni latenti, poiché quelli espliciti tutti li sanno intercettare. Questi sottili elementi non sono facilmente gestibili dalle procedure organizzative, emergono se il clima aziendale è positivo e motivante al punto da incoraggiare le persone a mettere a disposizione tutto il loro sapere.

© “Il Counseling ed il bilancio di competenze in azienda. Ipotesi di una sinergia professionale orientata alla persona e al business” – Dott.ssa Camilla Girelli

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