Gender pay gap in Italia: la scienza discrimina le donne.

Almeno apparentemente il gender pay gap in Italia, ovvero la differenza negli stipendi tra uomini e donne, è più basso che nel resto d’Europa. Solo apparentemente, perché in realtà questo dipende in gran parte dal fatto che sono molte meno le donne occupate a confronto con gli altri Paesi. Bisogna tenere conto anche di un altro aspetto: quando parliamo di posti di lavoro e di mansioni parliamo di realtà diversissime. E diversissimi sono quindi i livelli di gender pay gap in Italia in base al settore in cui le donne sono occupate.

l gender pay gap in Italia nel 2020

Nel settore delle attività professionali e scientifiche per esempio, si arriva a un differenziale del 24,9%: il più alto. Parliamo di una categoria che racchiude le professioni come avvocati e architetti, coloro che lavorano nelle aziende di consulenza o di marketing e pubblicità oppure nell’ambito della ricerca e sviluppo. Sono tra le categorie meglio pagate e in alcuni casi le posizioni che sono cresciute di più numericamente negli ultimi 20 anni, basti pensare alla consulenza, ed è indicativo che proprio in questo ambito sia massima la differenza stipendiale. Paradossale è che dove si possono raggiungere salari anche molto alti le donne rimangono più indietro. E, almeno per quanto riguarda le professioni scientifiche, questo differenziale potrebbe spiegare anche la scarsa partecipazione femminile alle professioni cosiddette Stem.

Gender pay gap al 22% nel settore sanitario

Vuol dire che il problema femminile non è tanto e solo negli stipendi di base, del resto regolari dai Ccnl, ma in quelli determinati dai miglioramenti di carriera. Nonostante un livello d’istruzione superiore a quello degli uomini, le donne laureate sono il 20,1%, gli uomini il 14,7%, le lavoratrici più raramente arrivano al vertice. E lo si vede dai dati sul gender pay gap in Italia nelle attività finanziarie, altro ambito molto competitivo in cui la carriera conta molto. Qui arriva al 22,7%.

 

Ma forse il dato che più stupisce è quello riguardante il settore sanitario. È tra quelli in cui le donne sono più presenti, considerando anche il crescente numero di studentesse di medicina, maggiore a quello degli studenti. E ci si potrebbe forse aspettare una maggiore uguaglianza non essendo un ambito in cui la carriera conta come altrove. Non dimentichiamo però che nel settore non vi sono solo medici ma anche infermieri, Oss, operatori delle case di riposo. E in Italia più che all’estero in questi ultimi casi vi è quasi un monopolio femminile. È chiaro che se tra i primari prevalgono gli uomini e invece questi ultimi sono una assoluta rarità tra gli Oss, gli stipendi medi maschili saranno decisamente più alti di quelli femminili e, infatti, il gender pay gap nel settore saniotario è del 22% secondo Eurostat.

Al contrario il gender pay gap in Italia è minimo in settori dove la presenza femminile è molto bassa, come quello minerario, dove è del 2% e nell’edilizia, dove è del 7%. È probabile che le poche donne presenti qui siano occupate nel management.

In Italia il maggior divario tra settore pubblico e privato

Ma la differenza maggiore a livello di gender pay gap in Italia si trova tra pubblica amministrazione e settore privato. Non solo gli stipendi pagati nella prima presentano un divario tra i generi molto più basso, del 3,8%, contro il 17% nel mondo del privato, ma questa distanza è la maggiore in Europa. In Germania per esempio il gender pay gap va dal 10,9% nel settore pubblico al 22,9% in quello privato, in Francia non è vi è addirittura differenza, in Spagna è del 10,3% nella Pubblica Amministrazione e del 16,2% nel resto dell’economia.

Il gender pay gap in Italia cambia a seconda del datore di lavoro

I bassissimi divari nel pubblico nel nostro Paese potrebbero essere un effetto collaterale positivo di una forte sindacalizzazione e regolamentazione del lavoro, con l’utilizzo di criteri molto diversi dal privato per la concessione di aumenti, premi, bonus, con incrementi di stipendio legati quasi solo all’anzianità, basti pensare al mondo della scuola. In tal modo non vi sono le conseguenze negative sulla carriera che sono presenti nel privato quando per esempio una donna si assenta per maternità o chiede un part time.

Si tratta quindi ancora una volta di statistiche dal sapore agro-dolce. Anche dietro quelle positive si nasconde un sistema distorto fatto per esempio di welfare debolissimo che non consente alle donne di gareggiare ad armi pari con gli uomini quando il lavoro e la carriera seguono le regole del mercato.

Come ridurre il gender pay gap in Italia

In Europa si sta discutendo di rendere obbligatorio per le imprese di pubblicare i salari dei dipendenti divisi tra la retribuzione maschile e quella femminile in modo da rendere più semplice confrontare in gender pay gap. Probabilmente una decisione di questo genere, che attende il via libera del Parlamento, non sarà precisamente la norma che cambia il volto del divario di genere anche perché leggi ben più stringenti non hanno sortito praticamente alcun effetto. Nel novembre del 2021, per esempio, in Italia è stata approvata una norma che impone la parità salariale tra uomini e donne.

Però, a differenza della legge italiana, quella europea, se approvata, prevede un sistema di sanzioni. Se infatti, in una società il divario di retribuzione è superiore al 5%, proprietà e organizzazioni sindacali dovranno condurre un’indagine per capire il motivo della differenza. Sempre la legge europea potrebbe poi imporre agli Stati membri di istituire un sistema di sanzioni per chi non riesce a diminuire questa differenza di salario tra uomini e donne.

Qual è il Paese europeo con il più alto gender pay gap


Secondo i dati dell’Eurostat relativi al 2020, l’Estonia ha il più alto gender pay gap dell’Unione Europea. Nel 2020, l’Estonia ha registrato una differenza di retribuzione del 22,4% tra uomini e donne. Ciò significa che le donne guadagnano mediamente il 77,6% di quanto guadagnano gli uomini. Come mai? Una possibile spiegazione è che l’Estonia è un Paese con una forte segregazione professionale di genere, con una maggiore concentrazione di donne in lavori poco retribuiti come l’assistenza sociale, la cura e l’istruzione. Al contrario, gli uomini sono più presenti in settori ad alta remunerazione come l’ingegneria e le tecnologie dell’informazione. Inoltre, il settore pubblico in Estonia ha una predominanza di donne, ma questi lavori sono anche quelli con retribuzioni più basse rispetto ai lavori a maggioranza maschile.

Da questo punto di vista il secondo peggior Paese europeo è la Repubblica Ceca. Secondo i dati dell’Eurostat relativi al 2020, la differenza di retribuzione del 22,1%. Ciò significa che le donne guadagnano mediamente il 77,9% di quanto guadagnano gli uomini. Al terzo posto, abbastanza sorprendentemente, c’è la Germania. Qui, sempre secondo i dati 2020 di Eurostat, la differenza di retribuzione è del 19,3%: le donne guadagnano mediamente il 80,7% di quanto guadagnano gli uomini.

I dati si riferiscono al: 2018-2019

Fonte: Eurostat – Articolo di truenumbers.it 

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